
Rai Play rende omaggio a François Truffaut mettendo a disposizione gratuitamente su Rai Play 11 (undici) suoi film in versione integrale e restaurata con doppio audio e sottotitoli. Potete guardarli su Effetto Truffaut. Noi, nel nostro piccolo, ve li presentiamo a puntate. A poco più di 60 anni dal suo debutto con “I 400 colpi” ancora oggi Truffaut resta uno di quegli autori che sa toccare il cuore con ogni film. Perché Truffaut era veramente l’uomo che amava il cinema e e riusciva a portare sullo schermo tutto il suo amore per la vita. In questo capitolo “Jules e Jim”, “La calda amante” e “Baci rubati”.
“Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell’infanzia, costruire un oggetto che è allo stesso tempo un giocattolo inedito e un vaso dove si disporranno, come se si trattasse di un mazzo di fiori, le idee che si hanno in questo momento o in modo permanente. Il nostro film migliore è forse quello in cui riusciamo a esprimere, più o meno volontariamente, sia le nostre idee sulla vita che le nostre idee sul cinema.”
Non staremo qui a raccontarvi chi era Truffaut, ma ci teniamo a presentarvi questo omaggio che la RAI gli attribuisce. Undici film rappresentativi della sua opera, undici film senza tempo, undici film in cui la macchina da presa di Truffaut rinchiude la vita e la rende grande e unica. Come la nostra che li stiamo a guardare.
L’omaggio di Rai Play a Truffaut in 11 film

“La calda amante” (La peau douce), 1964
Con Françoise Dorléac, Daniel Ceccaldi, Jean Desailly, Nelly Benedetti.


Le emozioni e le regole a cui sono costretti gli amanti clandestini travolgono e costringono anche Pierre e Nicole, e anche loro finiscono a incontrarsi rubando il tempo alle loro vite, dirsi frasi da fotoromanzo (“e non scordarti di pensare a me”, “il mio tempo è tutto tuo”), soggiornare in alberghi fuori mano, mentire, rischiare.
Come sempre, Truffaut racconta con precisione e intensità la straordinarietà dei brevi momenti di gioia che esulano dalla quotidianità – l’inizio di un amore, un bacio inatteso, uno sguardo ricambiato – e nel contempo non manca di soffermarsi su oggetti, azioni e gesti ordinari, privi di finalità e importanza nella scevra struttura della storia, ma che la nutrono e la sostengono – aprire un pacchetto di sigarette, sistemarsi i vestiti.
Dunque, l’adulterio ha le sue regole, una delle quali è che facilmente si viene scoperti, come accade a Pierre e Nicole. Emerge allora gradualmente il personaggio della moglie, presto incontenibile e tragica (mentre l’inconsapevole Pierre cerca di intralciare il destino con una telefonata: ingenuo!).
Il film non fu un successo; nella versione italiana allora distribuita ne furono tagliati venti minuti, quella ora presente su Raiplay è integrale. (commenti sulla versione italiana del titolo? mi astengo) Curiosità: nel film ci sono due scene di insistenti corteggiamenti stradali, che ora giustamente sfiorerebbero il reato.

“Le due inglesi” (Les deux anglaises et le continent), 1971
con Jean-Pierre Léaud, Kika Markham, Stacey Tendeter, Sylvia Marriott, Marie Mansart, Philippe Léotard, Irène Tunc
Dopo il successo di critica e pubblico di Jules e Jim, Truffaut torna a girare un film tratto da un romanzo di Henry-Pierre Roché. Si tratta ancora di un triangolo amoroso ambientato tra Parigi e il Galles alla fine dell’800, questa volta però con due donne (le sorelle Anne e Muriel Brown) innamorate di un giovane francese, il raffinato esperto d’arte e futuro scrittore Claude Roc (il “Continente” del titolo originale), interpretato da Jean Pierre Léaud.
Le analogie con Jules e Jim però terminano qui e tutte quello che era follia e joie de vivre nel primo, in Le due Inglesi diventa controllo e sofferenza, tanto che il pubblico – quello che lo stesso Truffaut considerava il principale critico, l’unico a cui dare ascolto – non apprezzò.
Del resto, nove anni ed otto film dopo, Truffaut non è più lo stesso regista di Jules e Jim: ora è più maturo, secondo i suoi critici di sinistra più imborghesito, ma lo stesso non rinuncia alla sperimentazione. È vero, il film non acchiappa lo spettatore (me per primo, lo ammetto), probabilmente perché è spiazzante, il che lo rende comunque un episodio di altissimo cinema. Si diceva del totale controllo di attori e dialoghi da parte di Truffaut, che inserisce anche una voce narrante – nella versione originale è proprio quella del regista – a leggere stralci del romanzo, il che aumenta il senso di freddezza, di cerebralismo, oltre a una fotografia piena e precisissima. Ma tutto questo si cala in una storia di passione, di sofferenza anche fisica mostrata dalla cinepresa senza filtri: la malattia agli occhi, che costringe Muriel a lunghi periodi al buio, i conati di vomito a seguito della tempesta emotiva che la scuote, la cruda scena della deflorazione della stessa Muriel – tagliata dalla censura italiana, ma reinserita nella versione disponibile su Raiplay – anch’essa commentata dalla didascalica voce narrante, aumentando ulteriormente il senso di straniamento.
E lo spiazzamento si alimenta ancora della razionalità con cui Truffaut tratta il tema dell’amore, con Claude che pianifica il suo amore per Muriel – la quale, con eguale razionalità, glielo nega, forzando la propria passione – ma finisce per amare quasi involontariamente Anne. Nel contrasto tra la vitale e coltissima Parigi e il bucolico, ma fastidiosamente puritano Galles in cui vivono le due sorelle con la madre; la quale, con logica altrettanto fredda e razionale, “non approva matrimoni tra persone di Paesi diversi”.
Alla fine, Claude e Muriel si incontreranno, si ameranno, ma solo per una volta e nel campo neutro rappresentato da Calais, con l’illusione di un figlio che non arriverà. E Claude, rimasto solo, commenterà guardandosi allo specchio: “Sembro un vecchio”.
L’amore non vince e non consola, la vita è sofferenza. Non resta che morire come Anne o invecchiare male.

“Mica scema la ragazza!” (Une belle fille comme moi), 1972
Con Bernadette Lafont, Claude Brasseur, Charles Denner, Philippe Léotard, Guy Marchand, André Dussollier
Ecco un altro titolo tradotto quanto meno poco felicemente. Il titolo italiano punta sull’aspetto ludico del film e sulla scaltrezza della protagonista a fare girare tutti gli uomini a suo piacimento. Questo è senza dubbio un’aspetto importante del film, ma sottolinea uno sguardo esterno alla protagonista. Il titolo originale “Une belle fille comme moi” invece fu scelto proprio perché Truffaut consegna il film alla bellissima protagonista che muove ogni scena in prima persona. E’ lei al centro di tutto, a determinare le situazioni a fare perdere lo sguardo e la testa agli uomini che inesorabilmente e inconsapevolmente si trovano a fare esattamente quello che vuole lei.

A tutti gli innamorati del mondo
La protagonista Camilla Bliss, una bellissima Bernadette Lafont, una delle muse della Nouvelle Vague, non è per niente scema, semplicemente è sboccata e trabocca di sensualità e voglia di vivere in ogni inquadratura. Sin dall’inizio sappiamo che si tratta di una galeotta che ha iniziato a rubare e ammazzare sin da bambina, ma è con immenso piacere che ci lasciamo travolgere dalla sua vitalità e siamo tutti con lei, anche perché le controparti maschili che entrano ed escono (a volte orizzontali) dalla sua vita, non sono mai alla sua altezza, ma diventano strumenti utili per raggiungere i suoi obiettivi.
“Mica scema la ragazza” nella filmografia di Truffaut è forse un film “minore”, ma è un’opera divertente e piena di energia con al centro una ragazza davvero libera e padrona della propria vita che ci ipnotizza con la sua bellezza e sensualità dirompenti. Proprio quello che Trufafut amava di più nelle donne.

Bernadette Lafont con il bravissimo Claude Brasseur che ci ha lasciato il 20 dicembre scorso

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