

Resto sempre affascinata dalle personalità geniali e sofferenti, malinconiche ma creative.
Era da tanto che volevo scrivere qualcosa su Piero Ciampi, uno dei cantautori più irriverenti, tormentati e dimenticati del secolo scorso.
La discografia di Ciampi è controversa, maschilista, eccessiva, esasperata in tutti i suoi vizi, ma allo stesso tempo la sua poetica è unica.
Una malinconia pregna di tristezza come un romanzo russo, innovativa come uno slang feroce quasi dialettale, una sincerità romanzata in ogni singola canzone.
Dai suoi testi traspare tutto il realismo di chi non riesce a stare al mondo al passo con gli altri, livornese di nascita, cittadino del mondo, quasi un Cecco Angiolieri della musica italiana, versi arrabbiati e impertinenti.
Un uomo solo, ma non come Tenco, un uomo senza romanticismo, ma pieno di storie da raccontare.
L’alcool, il grande problema di Ciampi, lo rende così vicino a quell’altro personaggio, distante per studi e per storia personale, ma così vicini come modo di affrontare la vita, Renato Caccioppoli, matematico e accademico napoletano.
Due personalità così diverse per intenti, eppure così martoriate nella loro intimità, incapaci di stringere legami solidi con gli altri, così provati e scavati dalla vita. L’alcool, elemento in comune tra i due.
Due vite al limite, eppure così disperatamente vicine alla realtà, al quotidiano.
Le persone semplici non soffrono, non ascoltano i mali del mondo, gli artisti, i geni sì.
Ciampi si spense il 19 Gennaio 1980 a causa di un cancro all’esofago, a soli 45 anni, Caccioppoli visse fino a 55 anni.
La solitudine di Ciampi non gli permetteva di arrivare al grande pubblico e questo lo penalizzò moltissimo per la sua carriera musicale, le canzoni rivolte a chi conosce la vera malinconia non erano per tutti, il carattere schivo e difficile fecero il resto in un momento musicalmente forte per l’Italia.
Molti furono gli amici che gli restarono vicino, tra tutti Gino Paoli, che ancora lo ricorda con grande affetto, e Franco Califano, con il quale il sodalizio e l’amicizia furono veri e autentici.
Ciampi e il Califfo avevano un modo simile di percepire la vita, il dolore, entrambi non riuscirono a costruire degli affetti solidi, Ciampi con il tempo riuscì ad allontanare mogli, compagne e figli.
Per l’amico ormai disperato, Califano scrisse una delle sue più intense canzoni, Io non piango, pubblicata nel 1977 nell’album “Tac…!”, in molti pensano che questa sia una canzone d’amore, in realtà è una canzone sulla profonda solitudine e sull’amicizia. In quel periodo, Ciampi attraversava un momento di profondo abbattimento dovuto ai pochi ingaggi, al poco lavoro e alla scoperta della malattia che di lì a pochi anni se lo portò via.
La canzone è una ballata di protesta verso il mondo che schiaccia chi, con animo sensibile, prova a portare avanti la sua vita, ma resta inascoltato dal peso dell’indifferenza generale, sensazione che avvicinava anche Califano, che si è sempre sentito ostacolato dal mondo esteriore, e ancora di più quando fu accusato ingiustamente e calunniato.
Ciampi collaborò alla scrittura della parte musicale del brano insieme a Frank del Giudice.
Intrise di verismo quindi le canzoni di Ciampi, sono fotografie, spaccati di vita quotidiana, di problemi reali.
In “Te lo faccio vedere chi sono io”, racconta di un uomo che vorrebbe dare tutto alla sua donna ormai stanca, ma non può permetterselo a causa delle indigenti situazioni economiche, vorrebbe comprarle addirittura un sommergibile, quasi come in una favola, con quella immaturità dei bambini che sognano che la vita possa cambiare da un momento all’altro senza faticare mai troppo.
Ne “Il Natale è il 24” canta come ci affanniamo ad attendere il 25 dicembre, ma in realtà la festa inizia e finisce la notte del 24,
“Ha tutte le carte in regola per essere un artista, beve come un irlandese, se incontra un disperato non chiede spiegazioni”.
Una poetica che lo rende così profondo, intenso, con tutti i suoi turbamenti, con tutte le sue difficoltà, eppure così umano, disperatamente bisognoso di attenzioni.
Ciampi è il cantautore del vero, delle depressioni, delle ferite dell’animo, eppure così ironico e simpatico nella sua sofferenza, proprio come chi conosce la sofferenza autentica ma che arriva a risultare buffo per gli altri, senza appesantirli, con una particolare ironia.
“E così
Vuoi stare vicina, no
Ma vaffanculo
Ma vaffanculo
Sono quarant’anni che ti voglio dire “ma vaffanculo”
Ma vaffanculo
Te e tutti i tuoi cari, ma vaffanculo
Ma come
Ma sono secoli che ti amo
Cinquemila anni
E tu mi dici di no
Ma vaffanculo
Sai che cosa ti dico
Vaffanculo
Te, gli intellettuali e i pirati, vaffanculo”
Così profondamente carnale in ogni sua manifestazione. Un toscanaccio rude e della costa, con la sua parlata cadenzata, un paroliere e cantautore che avrebbe meritato di più.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=w__h65c1vaY&w=640&h=360]

Perché non lasci qualcosa di scritto?