

Quanto è cambiato il modo di approcciare sui social negli ultimi dieci anni?
Svolgendo un lavoro a contatto con il pubblico, attraverso i social network, ho modo di constatare giorno dopo giorno quanto sia peggiorato il livello di frequentazione dei social.
Con 43 milioni di persone connesse e 34 milioni di profili attivi sui social, è evidente che anche questo mondo sia ormai pienissimo e, a tratti, mal frequentato.
La maleducazione, la critica distruttiva e aggressiva, sono all’ordine del giorno, mentre prima mostrare un atteggiamento violento anche verbalmente era motivo di biasimo, oggi sembra esserci un’acclamazione del bullo e dell’invettiva gratuita.
Sicuramente l’atteggiamento dei nostri rappresentanti di governo ha favorito questo andamento, era palese che appoggiare i primi “Vaffaday” ci avrebbe fatto sprofondare in una corrente di odio e di prepotenza, ma il problema adesso è: come possono gestire tutto questo le persone perbene, educate e gentili?
In questi giorni ho pensato a lungo se abbandonare o meno i social definitivamente, poi ho deciso di restringere ancora di più il campo delle persone con cui interagisco.
Ognuno pensa che le proprie opinioni abbiano un valore assoluto, che sia indispensabile esporle. E se non fosse propriamente così? Se si scrivesse solo se ce ne fosse la vera necessità?
Non è una bella società quella che ci circonda, e lo spaccato che capita sotto ai miei occhi quotidianamente mi sta facendo seriamente riflettere, inutile nascondersi dietro a un dito: ci si collega principalmente per scaricare ansie e frustrazioni sugli altri, neanche più la cultura fa la differenza.
Dunque, dieci anni fa non eravamo connessi tanto quanto oggi, gli smartphone si facevano largo poco alla volta nelle nostre vite, e Facebook era per lo più popolato da persone interessate a far crescere la loro fattoria, o a condividere qualche canzone.
Una volta intuita la potenza del social network sono sbarcate le pagine ufficiali dei siti d’informazione, quelli delle fake news, la politica e tutto ha cambiato aspetto.
L’invettiva, l’attacco da bacheca a bacheca ha rotto gli argini della benevolenza, e dal ‘volemose tutti bene’ si è passati alla lotta fratricida.
Ma non stavamo meglio quando non sapevamo per chi votasse il nostro vicino? O cosa mangiasse a pranzo un qualsiasi leader politico?
Per me, sì.
Sono iniziati i primi scismi, le incomprensioni, i litigi.
Fino a due, tre anni fa c’era ancora la voglia di confrontarsi in maniera civile, educata, prevaleva il pensiero illuministico del “non sono d’accordo con quello che dici, ma lotterò fino alla fine affinché tu sia libero di dirlo”, oggi se si gestiscono pagine pubbliche, dove non si può filtrare tutti c’è chi arriva solo ed esclusivamente per offendere, per dare contro, per attaccare gli altri, e amabilmente si toglierebbe la possibilità di commentare, punendo anche chi di argomenti ne ha tanti e di validi.
La società negli ultimi dieci anni, ahinoi, è notevolmente peggiorata.
Tra dieci anni, se si continua di questo passo, può solo collassare. I social saranno monopolio dei beceri e la cultura resterà recintata ancora una volta ai salotti dei pochi.
Facebook inoltre non aiuta realmente con le sue politiche, l’unica cosa che invita a fare se capita una persona estremamente incivile, maleducata, è quella di bloccarla. In alcuni casi, sarebbe indispensabile chiudere definitivamente i profili. Non c’è differenza di generi, sia gli uomini che le donne alimentano la folta schiera degli haters, gli odiatori seriali di professione.
Tutti siamo connessi con tutti h24 eppure non riusciamo a comunicare, per strada c’è pochissima gente, tranne che nei giorni di festa, durante i quali il traffico si blocca solo fuori ai centri commerciali.
Meglio dunque riprendere il contatto con la realtà e tornare a godere di quello che ci circonda.
Il bombardamento delle news non aiuta la serenità. È uno scorrere continuo di brutture e di cattive notizie, forse occorrerebbe ordinare anche questo tipo di aggiornamenti a determinati orari, anche se in questo caso basta disattivare le pagine e il problema è risolto. Ecco perché, a mio avviso, scrivere di cultura dovrebbe essere considerata una missione sociale.
Chi scrive di cultura, e lo fa in maniera gratuita, meriterebbe almeno un ‘grazie’ ogni tanto, che però non arriva mai.
Dopo essermi occupata di cronaca locale per anni, avevo deciso di dedicarmi alla scrittura solo di cose belle, e a volte mi chiedo se abbia ancora un senso insistere.
Io spero tanto che i giovani migliorino quello che noi adulti siamo riusciti solo a peggiorare.
In meglio o in peggio, quindi?
Purtroppo, in peggio. Confidiamo nelle nuove generazioni che, a differenza nostra e per quanto si possa dire, sono connessi molto meno di noi e utilizzano pochissimo i social network se non per fini ludici e di svago, senza linguaggi violenti e con fini aggregativi, non distruttivi.

Perché non lasci qualcosa di scritto?