

Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo, tanto compiango coloro che, aprendo gli occhi alla luce, non si vedono intorno le pallide, spregiose, canzonatorie facce pratesi, dagli occhi piccoli e dalla bocca larga, […], e fuori dalla finestra, di là dai tetti, la curva affettuosa della Retaia, il ginocchio nudo dello Spazzavento, le tre gobbe verdi del Monte Ferrato, gli olivi di Filettole, di Santa Lucia, della Sacca, e i cipressi del Poggio del Fossino, sopra Coiano. E questo dico non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi.
Da quando ho ripreso a leggere per passione, non più solo per lavoro, mi sto dedicando a tante piccole chicche che avevo accantonato nel corso del tempo.
È il caso di “Maledetti toscani” di Curzio Malaparte.
Un libro sofferto per lo scrittore nativo di Prato, ripreso e abbandonato nel tempo, arrivato alla pubblicazione nel lontano 1956, ma iniziato ben vent’anni prima.
Il libro è una bellissima guida alla scoperta, non solo dei luoghi inesplorati per chi arriva in Toscana da altre regioni, ma anche un vero e proprio manuale su come trattare e avvicinare il ‘popolo toscano’, che l’è ben diverso da tutti gli altri popoli d’Italia perché l’è l’unico veramente libero.
Sicuramente potrete farmi notare: “Ma che dici, Imma. Ormai i luoghi da visitare in Toscana li conoscono tutti!”
“Certo”, vi risponderei io, se mi moveste questo rimprovero, ma li conosciamo grazie all’era di internet, dei social, dei consigli di altri viaggiatori, ma in quanti negli ultimi anni abbiamo davvero preso tra le mani una guida e abbiamo iniziato a sfogliarla?
“Maledetti toscani” è un’opera sapiente, scritta egregiamente, e poi è veramente simpatica. Scritta con quell’arguzia tipica del marpione che sa quello che fa. Se in vita vostra avete conosciuto anche solo un toscano, non potrete non ritrovarvi a sorridere nell’affrontare determinati capitoli.
Personalmente mi è venuta voglia di visitare le Cascine in primavera, di percorrere le varie porte di Prato, e di conoscere ancora meglio Firenze.
Ma come sono i toscani? Schietti, diretti, vernacolari, chiassosi, giocosi, gentili ma solo se sono di Siena, infinitamente simpatici.
A dirlo fra noi, la gentilezza sta di casa solo a Siena. Altrove, nel resto della Toscana, è civiltà di modi, e non di voce, di piglio, di tono, di parole
Non hanno mai avuto padroni i toscani e sono stati i precursori di una libertà autentica, non c’era un re a dominare su tutti, ma un signore che con l’ingegno della sua inventiva riuscì a tenere il potere.
Immensi talenti ci ha donato la Toscana in termini culturali: artisti, scrittori, poeti, pittori, geni, Dante su tutti, Leonardo da Vinci, Giotto, Brunelleschi, i Medici, Botticelli, Michelangelo Buonarroti, che ora se non li nomino tutti mi si offende qualcuno.
Sarà stata l’aria buona, l’immensa distesa di campagna pacifica, la quiete che ne emerge, il bianco della pietra marmorea e del lardo di colonnata, a stimolare così tanto le menti.
È un pensiero, un sogno ricorrente il mio, quello di trasferirmi lì un giorno, cercando di mediare tra il carattere simpaticamente burbero degli autoctoni e l’innata invadenza innestata in me da buona cittadina campana.
Il libro è un’antica ricerca, una finestra sul passato ancora vivo. Sarebbe stato carino avere una guida simile per ogni regione d’Italia, sicuramente di parte, ma autentica, appassionata, carnale, voluta.
Mi ha divertito davvero molto leggere questo libro, ne vorrei leggere altri, ve ne vengono in mente di simili, che parlando delle zone d’Italia vi abbiano entusiasmato e incuriosito? Magari testi scritti da autori locali. Sono in vena di consigli, ne attendo copiosi.
Quanti guai si sarebbero risparmiati, se Mussolini, invece di parlare dal balcone di Palazzo Venezia, avesse parlato dal terrazzino di Palazzo Vecchio.

Perché non lasci qualcosa di scritto?