
Le urla provenienti da Tivoli, il parco di divertimenti vicinissimo all’albergo, e l’odore penetrante di wurstel grigliati e di fritto, mentre ci aggiravamo furtivi attorno alla recinzione che sembrava impenetrabile, furono le prime sensazioni di vacanza.
Introdotti poi nell’antro del gigantesco luna park, il resto del mondo sembrava svanito. Incantati dalle attrazioni conosciute o meno ne subivamo il fascino, lasciando agli altri l’approccio avventuroso e ludico, poco avvezzi come siamo.
Il parco era sempre lì: ti affacciavi di notte e nel buio c’era il suo richiamo.
Da qualunque parte, di giorno, ti aggiravi per la capitale, la sagoma, ferma o librante nell’aria, di qualche strano meccanismo avvitatorio sussultorio volante, catturava lo sguardo.
Mi chiedevo come si faceva ad averne il coraggio, a tuffarsi così impunemente nel vuoto.
Per il resto dei giorni il vento freddo del nord ha scolpito i nostri visi e rallentato, talvolta, il passo.


Ma il cielo cangiante di nubi e chiaro, limpido, scintillante, sapeva riempire di magia le strade ed annullare la stanchezza, scenario di un nord da fiaba che la calura di questi giorni fa rimpiangere.
Rimanemmo subito colpiti dall’esattezza dei bus e dalla loro tranquilla corsa nelle tranquille strade della capitale; dalla traiettoria sopraelevata o sottomarina dei treni pieni di confort, inimmaginabili anche per le nostre frecce …
Ed anche dai prezzi, triplicati inesorabilmente; o dai cibi mediterraneo esenti.
Ci incantarono le bianche sculture della gliptoteca e l’abbondanza di reperti storici provenienti da ogni parte e da ogni epoca;

la vecchia birreria Carlsberg ed i suoi aromi schiumosi; il lungomare solitario e bellissimo e la calca del Nuovo porto, che poi nuovo non è, ma antico.

La sirenetta si nasconde e devia lo sguardo. Il richiamo dei turisti non le nuoce, mantenendo sempre una sua dignità al riparo da qualunque selfie di troppo.

A Copenhagen si è di casa, dalla biblioteca ai palazzi reali dagli edifici pubblici ai parchi, non hai mai l’impressione di dover entrare e chiedere permesso: è tuo, è di tutti ciò che vedi o percorri o usi.
Le migliaia di biciclette, accatastate in ordine o lasciate senza troppe catene, i dispenser di caffè nei treni, la gentilezza e la lentezza sono lo specchio di una civiltà che si gradirebbe ovunque.

Inoltre l’accento posto spesso, sul multiculturalismo della società, sul fatto che ad un certo punto la tua provenienza non è più differenza ma ricchezza e scambio, la dice lunga su quanta volontà e quanti sforzi si siano fatti nella direzione di un’inclusione e di un azzeramento di pregiudizi.
100%100 Copenhager … e ti ruotava intorno un mondo colorato di genti.


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