

La protesta avanza, gli studenti scalpitano, le urla si perdono nella prima aria primaverile sulla Croisette francese.
Nel giro di pochi giorni quella che sembra essere una semplice manifestazione locale parigina farà il giro del mondo e l’espressione “Maggio Francese” entrerà nei libri di storia.
La marcia prosegue inesorabile per le vie della città e si ferma dentro il Palazzo del Festival del Cinema: bisogna fermare il Festival di Cannes. È il primo pomeriggio del 18 Maggio. Pochi film in gara sono stati proiettati e i giornalisti sono tutti in spiaggia a godersi il primo sole. In poco tempo vengono tutti informati che nel palazzo del cinema sta succedendo qualcosa di serio, solo alcuni riescono ad arrivare. Uno dei due eventi sul cinema più importanti del momento è minacciato dalla rivoluzione socio-culturale del 1968.
Gli studenti e gli operai vengono raggiunti dai registi esponenti della Nouvelle Vague, tutti presenti in sala: Godard, Truffaut, Malle, Lelouche.
Le registrazioni recuperate da quegli attimi concitati sono un importante documento di quei momenti.
Il gesto fortemente d’impatto di Godard, che con un temperino squarcia il telo per le proiezioni, viene visto come l’inizio della manifestazione. Un’azione fortemente dadaista e di rottura verso tutto ciò che il festival e quel periodo storico rappresenta.
“Come si può pensare al festival, parlare di carrellate e di primi piani, se gli studenti ci stanno parlando di problemi reali, ci stanno chiedendo aiuto? Il cinema oggi è ridicolo perché è sempre in ritardo sugli avvenimenti sociali. Qui non c’è un solo film che parli dei problemi degli operai o degli studenti. Noi siamo in ritardo sui tempi che viviamo.”
interviene Godard, le parole furono registrate dall’inviato RAI, Lello Bersani.
In poco tempo lo scompiglio è totale: la sala è occupata, alcuni giurati si autosospendono dal loro ruolo (erano Louis Malle, Monica Vitti e Roman Polanski), il festival va in stand by fino al giorno dopo.
I produttori sono preoccupati, si oppongono alla chiusura del festival, vogliono a tutti i costi che le pellicole siano proiettate e che vengano assegnate le Palme ai vincitori. È una perdita economica non indifferente.
L’organizzazione è mortificata verso i partecipanti stranieri.
Il 19 maggio alle ore 12, il delegato principale Robert Favre Le Bret, si presenta nella sala occupata e comunica che i manifestanti hanno vinto: la rassegna è definitivamente sospesa. Quell’anno non furono assegnati i premi e molti film sono stati proiettati negli anni seguenti. Il risultato per i manifestanti fu incredibile, il risalto internazionale enorme, la rivolta socio-culturale in poco tempo raggiungerà le principali città europee, e non solo.
La storia aveva fatto il suo corso. Era uscita dalle sale chiuse del cinema e aveva raggiunto la vita vera.
Come non celebrare il Maggio Francese a cinquant’anni da quegli eventi, che hanno cambiato radicalmente la nostra società e il nostro modo di essere?
Gli organizzatori del Festival che temevano che quel brusco arresto avrebbe portato un’inarrestabile caduta su Cannes, dovettero ricredersi. Quell’accadimento cambiò totalmente la storia delle rassegne cinematografiche e il Festival di Cannes divenne il più importante tra le manifestazioni legate al visivo. Le azioni di pancia, la rabbia dei registi vicini al popolo, l’impeto, avevano segnato un confine di non ritorno. Eppure quella spontaneità di intenti e di azioni negli anni si è persa lasciando il posto al bon ton, al glamour e allo scintillio.
Cannes ’68 ci ha lasciato un’eredità che difficilmente abbiamo saputo eguagliare: il cinema e le rivoluzioni socio-culturali sono una cosa seria. E camminano a braccetto.
Cannes era piena di un fermento artistico vivo, caldo, fecondo. Si discuteva animatamente, si restava svegli di notte a parlare di quello che stava accadendo.
I ristoranti erano pieni, aperti no-stop, anche oltre il crepuscolo, fino all’alba. La voglia di cambiare le cose era palpabile.
Le generazioni che sono venute dopo hanno saputo bearsi di quegli anni e farne tesoro, le recenti invece sembrano che abbiano dimenticato quanto ci siano costati alcuni cambiamenti. Del resto è un periodo che loro non hanno vissuto.

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