
Inauguro questo mese una sezione che non so quanto senso abbia, non so quanto vivrà e non so nemmeno ancora se gli vorrò veramente bene: la sezione dedicata agli sconosciuti musicali.
Siccome può non apparire politicamente corretta tanta sincerità, la definiremo sezione dedicata a coloro i quali, per sfortuna e contrattempi della vita, ancora non hanno raggiunto la celebrità minima per essere considerati “conosciuti”.
Questo mese i protagonisti sono i Parco Lambro, un quintetto bolognese formatosi nel 2014.
Il disco omonimo, pubblicato da Music Force e Toks Records nel 2017, contiene cinque brani su sette tracce di notevole potenza e sorprendente complessità. I brani, come scritto da biografia, “nascono da improvvisazioni musicali attraverso suoni elettronici, armonie jazz e ritmi punk”. Il risultato è un azzardo azzeccato, adatto a chi apprezza le sperimentazioni sonore fatte con capacità e tecnica.
La formazione vede cinque musicisti alle prese con sassofono (Clarissa Durizzotto), trombone, farfisa, moog, nord lead (Mirko Cisilino), chitarra, basso, microbrute (Giuseppe Calcagno), chitarra, basso, voce (Andrea Faidutti) e batteria (Alessandro Mansutti).
“Parco Lambro” è il primo disco dei Parco Lambro, un esordio che lancia ottimi segnali per quanto riguarda il sottobosco della musica nostrana. Vivaci, disturbati quanto basta, spontanei e decisamente intensi hanno prodotto un album che merita il tempo dedicato all’ascolto.
Alcune tracce sono sulla piattaforma di Soundcloud, un passaggio che consiglio vivamente a curiosi insoddisfatti delle canonicità da pop radiofonico.
Gli Area non sono stati dimenticati, la musica italiana è viva e lotta con noi.
Voto: 8

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