
C’è chi scrive per trovare quelle domande che altrove resterebbero silenziose, chi per giungere a un punto finale e da lì iniziare un nuovo capitolo. C’è chi scrive per immortalare un momento, per sottrarlo dalle grinfie di un tempo finito così da renderlo immortale. La poesia definisce uno spazio dai limiti ombrosi, a volte spigolosi, a tratti gentili. La poesia illumina creando delle zone d’ombra, con fasci di luce mutevoli e soggettivi, come “Ballata”, la prima poesia della rubrica “Legàmi”.
Amore come labirinto e strada maestra, in cui perdersi e ritrovarsi, gioco di sponda o tiratori scelti. Un canto che assapora la gioia e financo la sconfitta, se il traguardo non concede esitazioni…
Dirami l’amore
sottile e tremendo
eclettico a fronda
a spasmi mortali
a onde a istanti banali.

Tracollo gorgheggio
l’affondo è feroce
mi va via la voce
che foce di fiume giocondo
nel gorgo del mondo
risulta fatale.
M’assale tossisco
la cruna dell’ago svanisco
furore languore
passate le ore
mi curo fra poco.
Ora il tempo non ho

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