
Un’opera d’arte per ambire allo status di capolavoro assoluto non deve essere ‘definitiva’; la creatività raggiunge infatti il suo zenit proprio quando lo stato di dubbio dell’artista è massimo. Creare significa dubitare, porsi domande di continuo, essere virtuosamente contradittori; per cui un capolavoro è quanto di più lontano possa esserci dal concetto di verità. O di risposta, se preferite. Proprio per questo restiamo affascinati dalle opere d’arte dei grandi artisti, perché con la scusa della bellezza non fanno altro che insinuarci dei dubbi che prima non avevamo, o rinvigorire conflitti interiori lasciati volontariamente in sospeso per quieto vivere. Riescono nell’impresa di ridurre la distanza tra il cuore e la mente.
Il 1988 deve essere stato, per Krzysztof Kieślowski – uno dei più grandi registi della storia del cinema –, un anno dominato dal dubbio. Anzi, ad un certo punto, proprio perché si rese conto che la pellicola occorrente per la creazione di un film era insufficiente per tenerlo il più possibile alla larga da risposte o verità, ne realizzò ben dieci, dando così vita a Decalogo, un’opera composta appunto da dieci mediometraggi di 55 minuti indipendenti l’uno dall’altro, ispirati ai Dieci Comandamenti.
I dubbi del regista polacco sono palesi sin dall’approccio scelto per la narrazione di un tema così complesso come quello della fede. Ad ogni film è dato infatti il titolo di un comandamento, eppure non è detto che il metodo seguito dall’autore sia quello deduttivo, ossia dal generale al particolare; perché la centralità della quotidianità – gli avvenimenti hanno luogo in un condominio di Varsavia – suggerirebbe la scelta dell’opposto approccio di tipo induttivo, dal particolare al generale, tanto che l’incanto generato da cotanta semplicità quasi anestetizza lo spettatore, che si ricorda del titolo-comandamento solo alla fine di ogni singolo episodio.
In ogni caso, al di là dell’approccio seguito, Decalogo è un’opera ad altezza d’uomo, nel vero senso della parola. E’ un lunghissimo viaggio nell’animo umano in cui è davvero difficile non riconoscersi, seppur anche in via potenziale. Il rispetto per le debolezze dell’uomo e della sua ontologica fallibilità nel rispettare i comandamenti è davvero palpabile. Ma, come abbiamo detto, il regista dubita, e allora ben può capitare che siano anche i comandamenti a fallire, e a spiazzare l’uomo proprio quando è sul punto di compiere azioni virtuose. Ma virtuose per chi, per cosa? Non è dato saperlo. Non ci sono certezze, in un senso o nell’altro. E’ l’intera esistenza ad essere inafferrabile, una materia liquida. Già, il liquido, tema ricorrente in ogni episodio, che simboleggia la precarietà del tutto, con l’acqua, il latte e l’inchiostro che si rovesciano ribelli alla signorìa dell’uomo. Che resta sempre sospeso tra ciò che ritiene giusto e ciò che ritiene sbagliato, anzi, talvolta viene addirittura schiacciato da queste due forze contrapposte che si agitano dentro di lui.
Decalogo 5 (Non uccidere) ci restituisce l’immagine più forte di tutta l’opera. Un ragazzo completamente privo di moralità commette un omicidio senza motivo, e per questo viene condannato alla pena di morte, vigente all’epoca in Polonia. Il rispetto della legge dovrebbe conferire giustizia all’esecuzione, eppure nei minuti che la precedono l’accanimento che subisce il colpevole non è diverso da quello perpetrato dallo stesso nei confronti della sua vittima innocente. Ciò che avviene ‘fuori legge’ corrisponde a quanto accade in conformità alla legge: in quella scena è racchiusa l’impotenza dell’umanità, e la fallibilità della pena capitale sia come deterrente che come soluzione di tutti i mali.
Forse è per questo che dopo l’uscita di Decalogo (1988) in Polonia non c’è stata più nessuna esecuzione capitale, nonostante l’abolizione sia avvenuta soltanto dieci anni dopo. Perché i capolavori fanno dubitare, riflettere, ragionare, e Decalogo è un capolavoro assoluto. Su questo non c’è dubbio.
Consigliato a: chi non ha dubbi
Sconsigliato a: chi ha bisogno di certezze

Molto interessante!
E’ una cine-visione fondamentale che purtroppo ancora mi manca, cercherò di colmare questa mia lacuna quanto prima.
Sì, devi assolutamente! E ti assicuro che le mie parole sono del tutto insufficienti a spiegare la grandezza di questa opera.
Sarà dura (per il poco tempo che potrei dedicarvi…), ma mi riprometto di provarci!