
E se qualcuno ti chiedesse qual è la cosa più importante per te? A che cosa non potresti rinunciare? Oppure a che cosa stai mirando, qual è il tuo obiettivo, il tuo sogno?
Potremmo chiederlo a molte persone e molte sarebbero le risposte.
Vorrei avere un buon lavoro, una famiglia, una casa nuova. Vorrei poter viaggiare, credere in qualcosa, diventare famoso. Vorrei essere ricco per non dover sempre pensarci su dieci volte prima di spendere due soldi per qualcosa che non è strettamente necessario. Vorrei la salute. Vorrei divertirmi. Vorrei non sentirmi solo. Vorrei essere ascoltato e capito. Vorrei essere amato. Vorrei saper amare. Vorrei non aver paura. Vorrei vincere le mie insicurezze. Vorrei tornare indietro per non commettere tanti errori. Vorrei sparire perché non ce la faccio più a vivere in questo modo. Vorrei calma, amore, gentilezza. Vorrei che qualcuno mi abbracciasse e mi tenesse stretto. Vorrei un po’ di serenità. Vorrei capire i miei figli. Vorrei sentire il mio corpo e la mia anima vibrare per una passione. Vorrei essere stimato. Vorrei godermi la vita. Vorrei scappare. Vorrei un/a compagno/a con cui condividere le mie giornate. Vorrei avere un aspetto fisico diverso. Vorrei non sentirmi sempre così stupido e inadeguato. Vorrei essere più forte. Vorrei essere meno pessimista. Vorrei stupirmi davanti ad un tramonto. Vorrei ridere di pancia, come capitava quand’eravamo ragazzi. Vorrei studiare. Vorrei non essere maltrattato. Vorrei avere più tempo per me. Vorrei poter chiedere scusa. Vorrei piangere, perché sono anni che le lacrime non mi escono più. Vorrei suonare, cantare, recitare, ballare. Vorrei essere libero…
Ma quanto pesano i nostri vorrei sul nostro percorso di vita? Quanto sono una spinta al miglioramento e quanto un peso da portare che ci ricorda quotidianamente quali sono le nostre difficoltà, i nostri limiti, le nostre fragilità?
Avere un sogno non basta affinché questo si realizzi. E’ bene saperlo. Non basta neanche se lo desideriamo intensamente. Nessuna teoria new age, di quelle che vanno tanto di moda in questi tempi, potrà garantirci il risultato.
Ciò che impariamo, capiamo, acquisiamo, conquistiamo, assimiliamo non dipende tanto dagli avvenimenti quanto dalla nostra predisposizione a trasformare le opportunità in possibilità. Non dipende solo da ciò che pensiamo ma anche – e soprattutto – da ciò che siamo disposti a fare. Da quanto siamo disponibili a metterci in gioco.
Dunque, il lavoro che dobbiamo fare è su noi stessi. Questa cosa si chiama “intenzionalità” ed è un’energia potentissima che solo noi possiamo mettere in moto. Come? Mettendoci – appunto – in moto!
Dovremmo – per esempio – chiederci perché ogni volta che devo prendere una decisione importante mi blocco? E qui dobbiamo fare attenzione alle risposte perché le prime che ci verranno in mente saranno risposte che hanno il compito di abbassare l’intensità del nostro malessere, della nostra frustrazione, della nostra disistima, della nostra ansia e di assolverci rispetto quella che è una nostra “mancanza”. Funziona così il nostro cervello, cerca di proteggerci dagli stress ma allo stesso tempo ci impone uno stop forzato in quella che è la nostra evoluzione personale.
Per esempio ci diremo mi blocco perché ho preso troppe cantonate; mi blocco perché non posso correre questo rischio; mi blocco perché sicuramente dovrei dare delle spiegazioni; mi blocco perché domani devo partire; mi blocco perché oggi ho mal di pancia…
Dunque niente più scuse. Proviamo invece ad essere sinceri con noi stessi. Proviamoci seriamente, anche sapendo che potremmo provocarci qualche sofferenza.
Dobbiamo innanzitutto essere coraggiosi perché senza coraggio non c’è evoluzione.
Così le nostre risposte potrebbero cambiare e diventare mi blocco perché ho una fottuta paura di fallire; mi blocco perché non voglio prendermi le mie responsabilità; mi blocco perché sono un debole, un pavido, un vile… e poi far seguire una seria riflessione respirando profondamente e pensando ora lo faccio perché, diamine! se l’hanno fatto Carlo, Maria, Piero e Anna lo posso fare anch’io!; lo faccio perché sono disposto ad accettare una sconfitta e so che da essa imparerò molto; lo faccio perché è ora di cambiare e non sono più disposto a lasciare che gli eventi scelgano per me…
E non dimentichiamoci mai che l’intenzionalità è strettamente collegata alla “sicurezza” di poter raggiungere un certo risultato o di poter reggere un fallimento.
Non c’è altra via.
Buon lavoro!

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