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C’era una volta un neomelodico* che, sin dal suo esordio, asserì di volersi distaccare da quella genia di cantanti. Non vi riuscì, se non nella forma. Tuttavia Gigi – questo era il suo nome – diede vita ad una sorta di genere molto personale.
Pur potendo contare su una discreta capacità di suonare il pianoforte, ha sempre accarezzato l’idea di avvicinarsi ad altri strumenti che, per certi versi, potrebbero rientrare nelle cosiddette percussioni.
Acqua, Terra e Fuoco sono conosciuti in qualità di elementi naturali della vita, ma in mano sua sono diventati strumenti, il cui processo seguì (e segue tuttora) quest’ordine d’impiego: Fuoco – Terra – Acqua; ma andiamo per gradi.
L’acqua – nella fattispecie sgorgante da due fonti (toscana e umbra) – dovrebbe spegnere il fuoco (appiccato da più mani) che infiamma la terra (campana).
Questo musicista si prefigge di incantare il pubblico, artatamente preparato in un tempo risalente, ma non tanto da fargli dimenticare un concetto propedeutico al prosieguo dell’opera, il cui effetto deriva appunto da un’associazione di immagini e suoni.
Un’opera grandiosa, seppur dovesse essere partorita da un’unica mente, potrebbe essere eseguita solo con la collaborazione di più orchestrali, nonché su un grande palcoscenico e magari in una data che evochi emozioni sottotraccia.
Nel caso di Gigi fu scelta la bellissima Piazza del Plebiscito a Napoli, per l’ultimo dell’anno, momento propizio per conficcare il “seme” nella terra, in un’area circoscritta: l’1%. Da “provetto” contadino l’aveva individuata nella più vasta zona un tempo nota per la sua straordinaria fertilità e che le valse l’appellativo di “Campania felix”.
Nonostante quella percentuale non fosse veritiera e indignasse non pochi cittadini, il discorso accompagnatorio di Gigi fece breccia nell’animo del pubblico, ignaro di essere spettatore di un’ouverture all’opera completa.
E venne l’acqua![acqua1[1]](http://www.lundici.it/wp-content/uploads/2015/10/acqua11.jpg)
Ecco il colpo di “genio”, affidare l’arrangiamento ai musicisti la cui partecipazione sarebbe stata preminente. Bisognava trovare, nella fattispecie, dei percussionisti particolarmente bravi a suonare con l’acqua.
La ricerca superò le aspettative. Gigi ebbe la fortuna di trovare musicisti superlativi, i quali inglobavano in sé non solo gli esecutori e i compositori ma – analogamente a quanto accaduto nel passato – persino i costruttori di quel singolare strumento i quali, dopo anni di ricerche e studio, erano giunti a produrre in una serie limitatissima, due esemplari: due bottiglie di plastica che, pur potendo apparire simili a tante altre sul mercato, serbavano una suadente differenza: avrebbero “incantato” chiunque si fosse imbattuto nel suono da esse prodotto, un tintinnio simile a quello di milioni di monete metalliche lanciate di colpo su una base, ad esempio un banco; e così fu, anche se con qualche lieve evoluzione – tipica delle esecuzioni dal vivo – che, in questi casi, bisogna tenere in “conto”, e il banco divenne… banca.
Resta una domanda: “Gigi è riuscito nel suo intento – volersi distinguere dai neomelodici – oppure ne ha soltanto rappresentato una presunta variante evolutiva che, paradossalmente, è finita per essere il suo stigma?”.
Note
*Un tipo di cantante napoletano – che si esibisce fondamentalmente durante matrimoni, battesimi e comunioni – riconoscibile spesso dal vibrato prolungato. Testi e musiche trattano quasi sempre temi di vita quotidiana pressoché comuni a tutte le canzoni.
Ma neomelodico è divenuto nel tempo anche sinonimo di un fenomeno sociale, ampio a tal punto di incuriosire svariati studiosi, tra cui etnologi e antropologi, come nel caso di Jason Pine, il quale ha vissuto a Napoli sotto mentite spoglie dal 1998 al 2011. La sua indagine – trasmigrata in vita costituita da vere relazioni umane – è confluita in un libro: The art of making do in Naples, da poco tradotto in italiano dalla Donzelli Editore col titolo di “Napoli sotto traccia. Musica neomelodica e marginalità sociale” attraverso il quale si interpreta il contesto – tessuto sociale – in cui prende corpo il fenomeno neomelodico, che – come asserisce lo stesso antropologo americano – è solo un segmento del sistema di relazioni rintracciabili nella contact zone (zona intermedia ai cui estremi ci sono la povertà e la camorra, la quale s’innesta nelle dinamiche relazionali per attingere personale ma non solo; uno dei punti cardini è il monopolio del mercato – economia sommersa, narcotraffico e relativo indotto, contraffazione, contrabbando ecc. – in cui piazzare i suoi prodotti e servizi).

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