
Mi sono avvicinata alla poesia di Luis Cernuda negli anni della mia tesi in Lingua e Letteratura Spagnola, quando ero alla ricerca di idee per costruire un filo che mi conducesse a redigere una struttura consistente e sufficientemente esplicativa riguardo l’argomento che dovevo affrontare il giorno della mia laurea: la libertà. Questo concetto maledettamente astratto, intangibile che però ha la capacità contorta e dominante di influenzare tutta la nostra esistenza, rendendola a volte precaria ed inconsistente. Un giorno come tanti, in biblioteca, spuntò tra le fila lunghe ed impolverate, un piccolo libricino di colore giallo, con una copertina che sembrava ingrigita dal tempo. Era lui, il poeta, seduto su una panca di marmo ad osservare chissà cosa, mentre dentro di me si faceva strada una curiosità indomita per quel nome appena sussurrato e sinistramente lontano.
Lo presi ed iniziai avidamente a sfogliarlo, le pagine erano vecchie e raccontavano di un mondo poetico dolorante, malinconico, tristemente sconfitto. Ma tra le righe emergeva silenziosa anche una voglia prorompente di parlare d’amore e di libertà, una libertà esistenziale, carnale, bruciante, fisica quanto mentale.

Luis Cernuda
Luis Cernuda (Siviglia, 1902 – Città del Messico, 1963) è un poeta spagnolo che ha vissuto gli anni della chiusura e dei disastri della Spagna del dopoguerra e la sua condizione è stata quella di un’emarginazione totalizzante ma non per questo disperata. Al contrario di altri suoi colleghi, come lo stesso Federico Garcia Lorca, egli ammette la sua omosessualità ed è per questo che sentirà di vivere sempre come un disadattato, come se fosse eternamente rifiutato da quella società eccessivamente bigotta ed intransigente. Vive a Madrid, a Tolosa, ad Oxford, senza mai rifiutarsi di prendere parte agli ambienti letterari e ai movimenti a favore dell’istruzione e allo stabilirsi di una pace spagnola votata alla cultura e alla liberalità. Gli ultimi anni della sua vita li trascorre in Messico dove stringe un’amicizia molto forte e sentita con Octavio Paz.
La sua poesia nasce da una condizione di solitudine e di profonda consapevolezza di alcuni temi fondamentali che si ripetono in tutta la sua ideologia. Primo fra tutti la certezza di un contrasto perenne tra la volontà di eternità e la condanna ad essere soltanto l’ennesimo esempio dello scorrere fluido ed indifferente del tempo, che tutto distrugge e niente apparentemente conserva.
La lotta feroce e maledetta tra il desiderio e i limiti che impone la realtà. Una sinuosa e sensuale poetica che a tratti diventa urlante e probatoria, altre estremamente sintetica, chiusa, introversa manifestazione di uno sguardo disincantato sul mondo che sta cadendo a pezzi.
Il concetto di libertà in tutte le sue forme è molto forte, soprattutto se considerato in rapporto con l’amore. Questo sentimento ha sempre accompagnato i momenti più importanti del poeta che ha vissuto la sua omosessualità in modo sofferto e mai completo.
“Non conosco libertà se non quella di essere innamorato di qualcuno
Il cui nome non posso ascoltare senza rabbrividire
Qualcuno per il quale mi dimentico della mia meschina esistenza
E il giorno e la notte sono per me ciò che lui soltanto desidera
E il mio corpo e la mia anima fluttuano nel suo corpo e nella sua anima
come pezzi di legno dispersi che il mare annega o innalza
Liberamente, con la libertà dell’amore,
l’unica libertà che mi esalta,
l’unica libertà per la quale muoio.
Tu giustifichi la mia esistenza:
Se non ti conosco, non ho vissuto;
Se muoio senza conoscerti, non muoio, perché non ho mai vissuto.”
La libertà come espressione cangiante e virulenta dell’amore. Solo chi è innamorato può sentirsi davvero libero. Questo è un concetto romantico e nello stesso tempo nostalgico perché ad esso è strettamente connesso quello della morte. Versi che sono espressione di una visione che non lascia spazio ai dubbi: chi non ama, non vive. Luis Cernuda ha amato per tutta la sua vita e questo lo ha reso un uomo vivo, capace di bruciare e di rabbrividire davanti a quel nome tanto sognato e agognato ma non lo ha messo al riparo dalla tragedia del desiderio, altro tema fondamentale della sua poesia.
“Non diceva parole
ascoltava soltanto un corpo interrogante
ignorando che il desiderio è una domanda
per cui non c’è risposta
una foglia il cui ramo non esiste
un mondo di cui il cielo non esiste
L’angoscia si fa strada tra le ossa
risale per le vene
erompe nella pelle
in zampilli di sogno
fatti carne che interroga le nubi
Qualcuno che ci sfiori
uno sguardo fugace tra le ombre
bastano perché il corpo s’apra in due
avido di ricevere in se stesso
altro corpo che sogni
metà e metà
sogno e sogno
carne e carne
uguali in figura
in amore
in desiderio
E sia pure soltanto una speranza
ché il desiderio è una domanda la cui risposta nessuno conosce.”
Il desiderio carnale, pressante, pungente, avido di accogliere un corpo in un altro corpo, di fondere speranze, voglie e passioni, eppure non è soltanto un’allusione ad un’unione fisica perché con essa non è possibile soddisfare questa ansia di possessione, di ossessione, di maledizione, figlia prediletta dell’angosciata solitudine. Il desiderio è la continua richiesta di qualcosa che evidentemente non può essere soddisfatto, una domanda eterna che pende sulla testa di colui che desidera e lo condanna ad un’attesa snervante, paurosa, preda di sogni e di incubi di velata lontananza.
L’attrazione fisica come respiro trasognato di un legame prossimo al bruciare è adorata e nello stesso tempo temuta ma mai oltraggiata. L’adorazione del desiderio, della parola contenuta in un corpo che desidera e che con la stessa essenza e presenza, persino peso della sua carne, riesce a creare un mondo talvolta di disperazione, altre di felicità.
Un desiderio che diventa la Musa che ispira costantemente il poeta, il quale è bravo a renderlo reale, vivido, visionandolo come se camminasse tra le pieghe della sua carne e fosse eternamente intento a divorare il suo spirito.

Luis Cernuda
“Ci sono corpi come fiori
altri come pugnali
altri come lacci d’acqua
ma tutti, prima o poi
saranno bruciature
che in un altro corpo affondano
trasformando grazie al fuoco
una pietra in un uomo.”
Il corpo inquieto che crea inquietudine, dipendenza, forza e sconcerto. L’amore che brucia, l’affondo della presenza carnale quasi mistica, il fuoco che divina la vita, la passione che trasforma la pietra in un uomo. E’ in questi versi, come nei precedenti, che si condensa la poetica del desiderio e della libertà di Cernuda, la sua ansia di essere parte di qualcosa, la sua angoscia di vivere quella bellezza assoluta attraverso la poesia e la consapevolezza che ogni amore è destinato al fallimento. Perché non c’è risposta, perché il corpo può essere una gabbia, perché il desiderio stesso è una condanna.
Eppure l’unica fonte di verità per l’individuo resta il sentimento amoroso che coincide con la vita stessa. Amare significa essere liberi e quindi vivere. Il surrealismo ed Eliphas Levi, uno dei suoi maggiori esponenti, considerano allo stesso modo l’amore come mezzo e scopo della libertà.
“L’uomo è colui che deve amare per vivere e che non può amare senza essere libero.”
Luis Cernuda è un poeta elegante, pieno di desiderio e carne, di malinconia, di perdita e di possesso. E’ un’anima vagante capace di poetizzare il suo senso di straniamento e al contempo il suo irresistibile abbandono al fluire del tempo e della vita; la sua visione divina ma senza dei e senza fede della libertà e dell’amore assolutamente fisici e reali. Sondabili e mai sanabili. Un desiderio che spacca in due il corpo, che brucia e trema davanti ad uno sguardo, che rende la fuga il più facile degli approcci, perché emerge la consapevolezza che l’oblio è la terra del sentito e di quel disperato bisogno di appartenenza senza sfogo.
Qualcuno lo ha definito un fantasma carnale, fin troppo, ma sensuale e vivo, scalpitante. In lui si concentra l’inconsistenza dell’ombra e la straordinarietà della luce. Le ossa dure e il sangue che scorre e che conserva il profumo della tentazione. I suoi versi riescono ad entrarti sotto pelle e a non lasciarti andare. Un meraviglioso connubio di poesia e carne sognante.
“All’amore si devono chiedere solo alcuni istanti, che davvero equivalgono a un’eternità.”

ciao ANtonietta, questo articolo è molto interessante! Bello! sapresti consigliarmi qualche libro in italiano che parla di cernuda? grazie di cuore e ottimo lavoro! ^_^
Ciao Ago, Antonietta non sta pubblicando più sull’Undici, ma cercherò di contattarla per girale la tua domanda. Grazie 1000
Ciao Ago, Antonietta Mirra, l’autrice del pezzo, mi ha dato queste informazioni. “Eccomi. Il testo da cui io ho studiato è questo. Il mio era tutto in spagnolo, ma questo è in italiano per fortuna. “Poesie per un corpo. Testo spagnolo a fronte.” Un altro che consiglio è questo: “Poesia e letteratura” di Luis Cernuda. Con questo testo conosciamo il poeta attraverso l’analisi dei suoi autori preferiti. Poi c’è un terzo, dedicato alla sua produzione poetica. “Invocazioni.” Tutti questi libri sono reperibili si IBS.” Ti ringrazio a nome della redazione per averci inoltrato questa richiesta. Marina