
In “Cosmopolis”, penultima fatica di David Cronenberg tratta dall’opera omonima di Don DeLillo, Robert Pattinson passava la maggior parte della sua vita dentro una lunghissima limousine. Lavorava in Limousine, accoglieva amici in Limousine, faceva visite mediche alla prostata, faceva sesso, tradiva la sua fidanzata, mangiava, stava male, impazziva. Questo “Maps to the stars” parte proprio con Pattinson, stavolta alla guida di una Limousine, anche se “quelle lunghe erano finite”. Autocitazionismo. Chi non lo ama?
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Paese: USA
Genere: drammatico
Interpreti:
Julianne Moore
Mia Wasikowska
John Cusack
Sarah Gadon
Robert Pattinson
Consigliato a: attori in erba, piromani e fan di David Lynch
Sconsigliato a: attori navigati, pirofobici, Sandor Clegane aka Il Mastino di Game of Thrones, ai detrattori di David Lynch

“Maps to The stars” è un continuo scavare nella psiche della Hollywood odierna, mettendola a paragone con le tragedie greche: tutti i protagonisti sono vittime, consapevoli o meno, del loro passato. Ne sono visceralmente attratti e legati in maniera perversa, volenti o nolenti. Attrici in rovina che millantano di essere state sessualmente molestate dalla madre ma che, per la legge del contrappasso, anelano ad interpretare il ruolo che fu della genitrice nel remake del film che le diede fortuna. Baby star schizofreniche, viziate, sempre sull’orlo di un rehab. Figli abbandonati a se stessi, mutilati nel corpo e nell’animo, in cerca solo di amore paterno. Padri e madri incapaci di capirsi, troppo forti o troppo deboli per (con)vivere. Rapporti incestuosi, fratelli che si sposano. Visioni, forse fantasmi. E poi il fuoco. Quello della sacra arte o quello purificatore, il quale brucia ed elimina ogni peccato, ogni atto di ὕβϱις, ogni colpa che si tramanda inesorabilmente da padre in figlio.
La filmografia di Cronenberg è piena di capolavori visionari, spesso tendenti all’horror splatter (“La mosca”, “Videodrome”, “The Brood”, “Naked Lunch”) ma negli ultimi anni il regista ha decisamente cambiato modo di far cinema. E’ più attento alla storia e ai personaggi. Si dedica molto di più all’introspezione. Il cambiamento è avvenuto da “A History of Violence” in poi, passando per il bellissimo “Eastern Promises”. Resta un minimo di amaro in bocca però pensando a ciò che era Cronenberg. Adesso regala belle prove come questo “Maps to the Stars” (aveva sicuramente fatto un buco nell’acqua con “Cosmopolis”) ma serve davvero al cinema internazionale un altro Lynch? Serve davvero usare Pattinson come attore feticcio? Continueremo a rimpiangere gli insettoni giganti anni ’80? Nel prossimo film Pattinson sarà un insettone gigante anni ‘80?
Non posso che rispondere così, alla Cronenberg: “Su ogni carne consentita/Sulla fronte dei miei amici/Su ogni mano che si tende/Io scrivo il tuo nome.” La poesia è il mantra del film. E’ “Liberty” di Paul Eluard. Ora interpretatevela da soli. Questo film dona del puro cripticismo.

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