
Tra temporali estivi, brezze marine e ricconi coi mocassini di camoscio, viene presentato in anteprima quasi internazionale alla Sessantesima edizione del Taormina Film Festival (fino ad ora l’hanno visto solo gli australiani) l’ultimo film da regista dell’ispettore Callaghan, Clint Eastwood.
Sceneggiatura: Rick Elice, John Logan
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Commedia, biografico, musical
Interpreti:
John Lloyd Young: Frankie Valli
Erich Bergen: Bob Gaudio
Vincent Piazza: Tommy DeVito
Michael Lomenda: Nick Massi
Christopher Walken: Angelo De Carlo
Consigliato a: pizzaioli, amanti del papillon, agli uomini che sculettano
Sconsigliato a: tutti gli uomini con una spiccata virilità, chi ama il clint eastwood drammatico o thrilleroso, chi odia la decade degli anni ’50
La storia Ha inizio alla fine degli anni ’50, quando Frankie e Tommy decidono di mettere su un gruppo musicale (il concetto di gruppo musicale allora era un po’ diverso da quello che abbiamo noi oggi. Oggi chiameremmo dei ragazzi che cantano e contemporaneamente eseguono una coreografia abbastanza ridicola “Boy Band”. Grazie Beatles per aver salvato la musica!). Inizialmente hanno problemi con la legge e poi con la discografia ma alla fine arrivano al successo con il brano “Sherry”. I ragazzi sono irresistibili, il pubblico va in delirio ogni volta che cantano. Forse per le hit orecchiabili scritte dal tastierista Bob. E invece no. E’ la voce “da angelo” di Frankie a far impazzire le fan, il suo falsetto fa innamorare tutti e tutte. I ragazzi sono ancora indecisi sul nome ma una scritta luminosa schiarisce le loro menti confuse: “Four Seasons”. Perché non “Cugini di Campagna”?
Come tutti sappiamo (poi se si va a Taormina durante il Festival lo si capisce anche meglio) il vile denaro dà alla testa. E’ quello che succede a Tommy che riesce negli anni ad accumulare un debito con degli strozzini di ben 162.000 dollari. Frankie chiede aiuto all’amico mafioso Christopher Walken. Qui la storia si complica, i rapporti si incrinano, il gruppo si scioglie…
Eastwood come regista non delude mai. Niente sperimentazioni, solo movimenti di macchina vecchio stile. E poi la sua firma: l’inconfondibile freddezza della fotografia, anche nei pastellosi anni ’50, nei colorati ’60 e negli psichedelici ’70. Unico nuovo elemento è la rottura della quarta parete, anche questo mezzo usato in modo impeccabile, asciutto, senza sbavature ma mai asettico. Comic Relief del film è il personaggio di Christopher Walken, mafioso cinico dal cuore d’oro che piange per la mamma.
“Jersey Boys” può essere classificato come una commedia ma più che far ridere fa sorridere. Non mancano le disgrazie: liti, droga, alcol, morte, debiti. Ma questi non sono centrali al film, Eastwood non ci mette sopra l’accento e lascia che tutto fluisca seguendo il vero corso temporale della storia. Questo fa si che la pellicola si collochi a metà strada tra la commedia (che non riesce ad essere agrodolce quanto basta) e il drammatico: si ride troppo poco e contemporaneamente non ci si commuove per niente. Quello che resta è la consapevolezza di un regista che rinfresca il suo modo di fare e mette in scena ciò che ama. La musica si mescola alla sua giovinezza e c’è un bel po’ di Clint che non ti aspetti sotto la gonna a campana e brillantina di “Jersey Boys”. Peccato per l’assenza al Festival. Anche lui odierà i mocassini.
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“Synecdoche, New York” di Charlie Kaufman. Synecdoche, nonsense.
“Four Seasons”: la pizza che piace a Clint Eastwood… E anche a Vivaldi!

Con Clint il dramma psicologico, spesso, ne è il fattore di base. Ottima recensione.
Non c’è due senza tre, ma a volte anche quattro senza cinque… ottimo.
Grazie, mi hai confermato che devo proprio vederlo!