
Quando si pensa al “coming out” si pensa all’azione di outing, ovvero all’ammissione di omosessualità. In realtà l’espressione riguarda qualcosa di più introspettivo, riguarda il proprio io, che sia omo oppure etero poco importa, o almeno così dovrebbe essere; è ovvio che il problema poi è nel dire o meno la propria opinione rispetto all’argomento.
“Coming Out” per me è esattamente questo: conoscere la propria opinione, il proprio lavoro, la propria creatività, i proprio sentimenti, il proprio io. E’ non è detto che la questione del proprio sia scontata, perché nell’ottica naturalista in cui ci troviamo in questo decennio è chiarò che prevale il pensiero del caro Émile Zola per il quale un individuo è prodotto di razza, luogo di appartenenza e contesto storico.
Ma siamo sicuri che una persona sia combinazione di sole componenti deterministiche? Siamo davvero così prevedibili?
Siamo cluster di individui catalogabili attraverso una semplice regola di decisione? Oppure è quello che ci hanno insegnato a credere?
La risposta si trova nello stesso Zola che dice “L’arte è la libera espressione di un cuore e di una intelligenza”. E’ vero che la società ci influenza per contrasto o similarità, ma è anche vero che abbiamo un cervello che, di fatto, lavora da solo se lo si spreme un po’. Per fare un semplice esempio, il freddo o il caldo sono qualcosa di misurabile, per cui se ad una temperatura di 18° io decidessi di indossare un T-shirt a nessuno sembrerebbe strano, tuttavia è possibile che qualcuno giri per strada con una polo a maniche lunghe. Tutto questo per dire che l’uomo medio ha perso soggettività.
Ha dimenticato che se tutte le strade portano a Roma non è detto che quella giusta sia solo quella asfaltata, se c’è autostrada è semplicemente perché qualcuno c’è già passato sopra e ha pensato di rendersi le cose più facili…più facili, signore e signori, un altro male dell’uomo medio: siamo stati talmente torchiati e modellati che ogni singolo obiettivo prefissato in quest’esistenza è svolto meglio se evitiamo le difficoltà, ma la scoperta e l’intelligenza sono negli azzardi, la libertà di pensiero è nel coraggio. Il caro Socrate c’è morto e se qualcuno dice “è il primo martire del libero pensiero”, per me il Buon Satiro è stato il primo a fare “coming out”, con la cicuta e tutto il resto ha deciso di essere se stesso e di fregarsene della politica di Anito e Licone beffeggiando chi come Meleto, per ambizione, sceglie la strada più facile.La realtà delle cose è che uscire allo scoperto, avere il coraggio di essere se stessi dovrebbe riguardare un imperativo categorico e invece troppe volte si sceglie di stare zitti o di rispondere e peggio ancora di pensare come gli altri vorrebbero, per questo si ci dimentica poi chi siamo, cosa vogliamo e come lo vogliamo. Coraggio significa avere cuore ma “coming out”, voi tutti, vuol dire “Ehi tu! Non avere paura di uscire allo scoperto!”.
“Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero è libero, quando gli uomini sono differenti l’uno dall’altro e non vivono soli… a un tempo in cui esiste la verità e quel che è fatto non può essere disfatto.
Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del bispensiero… tanti saluti!”
[1984, George Orwell]

eh, vero!
ma in genere la gente vive vite finte