
Roberto Faenza sbarca in America e porta sullo schermo l’omonimo best seller di Peter Cameron. Una tipica commedia indipendente americana, piacevole e con un cast perfetto che però non lascia il segno
La recensione per chi ha fretta

Faenza porta sullo schermo l’omonimo best seller di Peter Cameron che racconta di un diciassettenne newyorchese cresciuto in una famiglia disfunzionale. Il ragazzo non accetta le convenzioni imposte dalla società e tenta di trovare la sua strada nonostante sia considerato un disadattato da familiari più problematici di lui. Il film vanta un perfetto cast internazionale e tratta un tema assai attuale (giovani che non si ritrovano in una società che impone valori che non funzionano più). Ma il regista si ferma alla superficie delle vicende. Il risultato è una commedia indipendente americana gradevole ma che non emoziona.
James Sveck, il protagonista di “Un giorno questo dolore ti sarà utile” è Il giovane Holden del nuovo millennio: un diciassettenne newyorchese che rifiuta di iscriversi all’università, un ragazzo intimamente ribelle che non vuole assecondare le imposizioni della società.
James ha una madre che ha appena mollato il terzo marito in viaggio di nozze, un padre schiavo della chirurgia estetica che passa da una giovane conquista all’altra e una sorella che a 23 anni vuole scrivere le sue memorie pur non avendo nulla raccontare e che è fidanzata col professore di linguistica di mezza età (e sposato). Solo la nonna Nanette, l’unica persona del film appacificata con se stessa, sembra comprendere disagi e desideri del ragazzo. Gli altri personaggi non hanno certo meno problemi psicologici e sociali: dal gallerista di colore che adesca improbabili amanti in chat, al marito (per sole 48 ore) della madre coi vizi del gioco e della lap dance, ai coetanei di James che non pensano ad altro che a sesso e droghe (leggere).
In questo contesto il ragazzo sembra capire meglio degli adulti le contraddizioni del mondo di oggi e non vuole omologarsi alle convenzioni sociali che ci vogliono consumatori compulsivi di beni e di sentimenti. Eppure per tutti il disadattato e l’asociale è proprio lui. In una New York affollata e dispersiva, tra sedute con una life coach, incontri con la nonna e corse a Central Park riuscirà James a trovare la sua strada?
Il film di Roberto Faenza nasce per un colpo di fortuna: l’omonimo romanzo di Peter Cameron da cui è tratto viene pubblicato in Italia da Adelphi. Faenza se ne innamora e convince Cameron a cedergli i diritti per la trasposizione cinematografica prima che il libro sia pubblicato negli Stati Uniti. Così il regista italiano reduce dall’anonimo Silvio forever e dall’imbarazzante “scult” Il caso dell’infedele Klara riesce ad avere una produzione americana con un cast di attori affermati. Il protagonista è Toby Regbo già presente negli ultimi episodi della saga di Harry Potter, sua madre è Marcia Gay Harden (Mistyc River, Into the wild) premio oscar per Pollock, l’amata nonna Nanette è Ellen Burstyn (L’ultimo spettacolo, L’esorcista, Requiem for a dream) premio oscar per Alice non abita più qui di Scorsese, poi ci sono Lucy Liu (Kill Bill, Charlie’s angel), Stephen Lang (Avatar, Nemico pubblico), Peter Gallagher (America oggi, Titanic, American Beauty). Le musiche sono di Andrea Guerra, figlio di Tonino Guerra e affermato compositore anche a Hollywood e la colonna sonora è interprata da Elisa col piglio di una star indie internazionale.
Il soggetto è accattivante ed attuale (la diffidenza dei giovani nei confronti di una società che li vuole omologare a valori che non funzionano più), la confezione accurata e il cast davvero azzeccato. Non mancano dialoghi divertenti soprattutto grazie alle risposte sferzanti che James dà ai suoi familiari. Peccato però che si rimanga sempre in superficie: le debolezze dei personaggi non vengono affrontate e i conflitti, potenzialmente deflagranti, si risolvono facilmente. In fondo quello di “Un giorno questo dolore ti sarà utile” è un mondo in cui è facile volersi bene.
In questo modo più che un attuale Giovane Holden il film è una commedia che sfrutta le tematiche tipiche del cinema indipendente americano: famiglie disfunzionali, ragazzi che non si rassegnano alle imposizioni della società e indulgenza di fondo per i personaggi. Il risultato è un film gradevole ma che non arriva mai ad emozionare veramente.
Moneyshot
La scena dello scherzo a John. Il ragazzo di colore (Gilbert Owuor), responsabile della galleria d’arte della madre di James, è il personaggio meglio tratteggiato, probabilmente perché è quello più ‘normale’. L’incontro con John alla festa è l’unica scena in cui si percepisce un dolore sincero. James capisce non solo che lo scherzo che ha fatto all’amico è stato molto più cattivo delle intenzioni, ma soprattutto che la vita non è un gioco da guardare con distacco, ma va vissuta responsabilmente, anche se si vogliono seguire le proprie attitudini.
Boxoffice
Il film è costato solo 8 milioni di dollari. Gli attori secondari hanno accettato un cachet molto basso perché ci tenevano a partecipare al progetto. Il film è uscito il 24 febbraio in Italia, mentre negli Stati Uniti uscirà l’8 marzo. Le premesse per un successo al botteghino ci sono tutte, soprattutto negli States dove gli attori sono più conosciuti.

Era un pò di tempo che non “compravo” l’Undici: mi ha fatto molto piacere vedere che ha continuato a crescere e a “camminare da solo”, anche senza…. la sua nonna!
Un film con un titolo così è già penalizzato in partenza.
Con tutte le disgrazie che si sono al mondo, a me non viene voglia di andare a vedere una pellicola che faccia l’apologia del dolore.
Caro Giuseppe, la beffa è che si tratta dei un film leggerissimo. Solo che il titolo ha spaventato chi voleva vedersi una commedia e il nome del regista chi voleva vedersi un film impegnato. Risultato: non lo è andato a vedere nessuno
mai che i titolisti ci azzecchino.
Qui è il romanzo che ha il titolo ‘Un giorno questo dolore ti sarà utile’. Siccome ha venduto molto ed è un cult doveva essere quello il traino. Visti i risultati al botteghino hanno fatto male i conti. Comunque il film è carino, se uno pensa che carino sia un attributo positivo fa bene ad andarlo a vedere
Val la pena di leggere il romanzo. Ma sempre più spesso sento gente che ha amato un libro rifiutarsi di vedere un film. Ma il riferimento ai titolisti è dovuto al fatto che a volte cambiano i titoli a sproposito (per esempio: perchè cambiare “The descendants” in “Paradiso amaro”?). In questo caso forse qui avrebbero dovuto fare come a suo tempo con “Catcher in the rye” che è diventato “Il giovane Holden”. Cambiando il titolo in “Il giovane James Sveck”, avrebbero coinvolto chi ha amato il libro e chi invece si poteva far spaventare dalla parola dolore.