
Non un film a tesi, più di un biopic: Clint Eastwood e Leonardo Di Caprio raccontano la complessità e l’umanità repressa del mostruoso J.Edgar Hoover.

Clint Eastwood aveva da tempo nel cassetto il progetto di un film su Hoover e per farlo ha deciso di collaborare con lo sceneggiatore Dustin Lance Black già premiato con l’Oscar per “Milk” e attivista LGBT. Il risultato è molto più di un biopic su John Edgar Hoover.
A Eastwood non interessa fare un film a tesi (Hoover reazionario e ricattatore, Hoover assetato di potere, Hoover omofobo e omosessuale, Hoover padre delle moderne tecniche di investigazione, Hoover eroe nazionale) né tanto meno proporre una mera ricostruzione storica del mezzo secolo di potere di Hoover. Ci regala invece una sorta di “Quarto potere”, un Citizene Hoover che ribalta sui nemici (veri o presunti) suoi e dell’America le sue ossessioni e l’autorepressione a cui lo hanno portato una madre (e una società) reazionaria ed oppressiva. Clint ci dice che nonostante i dossier, le registrazioni, le impronte digitali non esistono verità univoche ed oggettive. Esistono le ossessioni, le paure, le smanie di potere di un uomo che sono le stesse di un intero paese. Hoover è l’America che per difendere i suoi valori li perde di vista e li calpesta, fino a smarrire la propria identità.
Narrato come l’autobiografia che Hoover detta ad un giornalista il film fa salti temporali tra gli ultimi giorni dell’Hoover ormai invecchiato e gli avvenimenti portanti della sua storia che è la storia degli Stati Uniti dagli anni Venti ai Settanta. Eastwood si concentra soprattutto sul lato umano del protagonista evidenziando i problemi derivato dal rapporto con la madre e mostrandoci un uomo che per riscattare la propria vita privata che ha scelto di non vivere si trasforma in una sorta di persecutore delle vite private degli altri.
Il make up è pesante e vecchio stile,niente digitalizzazione, sembra voler ostentare che è solo un trucco. Di Caprio lo regge e ne esce alla grande trasformando i movimenti dell’Hoover giovane e determinato in quelli del mellifluo vecchio Hoover. Armie Hammer fatica di più a rendere credibile il vecchio Tolson. Naomi Watts è bravissima e bellissima e dispiace un po’ vederla con quel piastrone in faccia.
Il film è un racconto cupo (i personaggi, Hoover in primis, sono spesso avvolti dall’ombra e tagliati da bagliori che più che mostrare nascondono) e claustrofobico: Hoover è quasi sempre segregato nel suo ufficio fino a finirci i suoi giorni, praticamente sepolto in un mausoleo che ancora oggi porta il suo nome.
La sceneggiatura non ha sempre la mano leggerissima con alcune svolte narrative un po’ forzate e personaggi secondari lasciati un po’ in disparte (sopratutto la figura della madre, un’ottima Jessica Tandy, una figura troppo monodimensionale) ma la forza del film sta nella mano magica di Clint Eastwood e nell’interpretazione magistrale di Leonardo di Caprio che riesce a far vivere 50 anni dell’esistenza di un uomo modificando espressioni, movimenti, cadenza della voce senza cedere a eccessi e manierismi. Eastwood coi suoi lievi movimenti di macchina che allargano quasi impercettibilmente il visibile , con il montaggio discreto che tiene uniti in un’unica visione i salti temporali resta sempre vicino al suo J. Edgar riuscendo catturare l’empatia del pubblico per questo personaggio profondamente americano così duro, gelido, per molti aspetti odioso. Eastwood non dà giudizi morali nè giudizi storici, ma ci mostra la complessità di un uomo in fondo dotato di un’umanità insospettabile. J. Edgar non entrerà a far parte dei suoi capolavori, ma resta indubbiamente un film da non perdere.
Moneyshot
A noi che non conosciamo a fondo la biografia di Hoover apre gli occhi la meravigliosa scena in cui l’amato Clyde Tolson ricorda al vecchio Hoover e agli spettatori che quella che ci ha raccontato e che abbiamo visto è ‘solamente’ una versione di Hoover. La storia è inevitabilmente filtrata e accomodata. La verità è solo una verità possibile, una verità che (ci) raccontiamo.
L’amore represso tra Hoover e Tolson, evidenziato da un fazzoletto raccolto, da piccoli gesti, da sguardi imprevisti è forse il tema principale del film, la lente che ci mostra la personalità vanamente sopressa di J. Edgar.
Boxoffice
Uscito negli Stati Uniti il 9 novembre, J. Edgar ha incassato oltre 36 milioni di dollari, superando con i soli incassi del mercato americano il budget di 35 milioni.
Ma si sa che oggi Clint è amato quasi più all’estero. Infatti in Italia nel primo week end ha incassato subito oltre 3 milioni di euro. Una cifra davvero ragguardevole per un film non facile su un personaggio storico americano, poco conosciuto da noi.
Ecco quali sono i film da non perdere ora al cinema

Interessante articolo. Solo che il ruolo della madre non è interpretato da Jessica Tandy (peraltro morta quindici anni prima che il film fosse girato…) ma da una straordinaria Judy Dench.
Clint Eastwood ha diretto e interpretato uno spot per Chrysler andato in onda durante il Super bowl. Qualcuno ci ha visto un messaggio pro Obama. Ma non si diceva che Clint fosse un repubblicano reazionario?
guardate lo spot: http://www.youtube.com/watch?v=b2d4FH38uXM
caro gigi io avrei messo hoover fra i film degli amori improbabili