

Finalmente un film che sa raccontare l’infanzia, la ricerca dell’identità. Un film delicato, divertente, da vedere.
Tomboy in italiano sarebbe maschiaccio che è un termine spregiativo, duro. Invece il film Tomboy ci racconta di Laure, una ragazzina di 10 anni, che arrivata in un nuovo quartiere di Parigi coi genitori e la sorellina decide di spacciarsi per un maschio, un tomboy appunto, per essere accettata a giuocare con gli altri bimbi, in prevalenza maschi: “Siamo 5 maschi e una femmina, quindi si fa quello che vogliono i maschi”. Facilitata dal fisico magro di bambina e dai capelli corti decide di farsi chiamare Mickaël e si integra nel gruppo, svolgendo alla perfezione tutto quello che ci si aspetta da un bambino di 10 anni (calcio, lotta, corsa) fino a stringere un’amicizia più intensa e sincera con Lisa che preferisce Mickaël agli altri perché non si comporta come loro.

Laure decide di diventare un maschio semplicemente perché lo trova il modo più semplice per fare quello che le piace, lo trova una scelta normale. Non ci sono traumi o mancanze nella famiglia, né violenze, né paure. Non si scelgono patetiche scorciatoie tipo padre assente e madre frustrata o padre succube e madre insoddisfatta. Fortunatamente non si mostrano spiegazioni psicologiche che sarebbero inevitabilmente tagliate con l’accetta. Semplicemente Laure è una bambina e i bambini non sono esseri semplici come pensano i grandi. Spesso si trovano ingabbiati in schemi infrangibili tipo ‘i maschi giocano a pallone’ e ‘le femmine con le bambole’. Resta il fatto che quando sceglie di essere Mickaël si chiude in un’altra gabbia di stereotipi comportandosi esattamente come ci si aspetta da un maschiaccio. Crescere, conoscersi è difficile. Le scelte che facciamo ci fanno diventare quello che saremo (lo dice anche Spiderman, un altro che si spaccia per quello che non è). E la scelta che fa Laure la porterà a fare più o meno inconsapevolmente riflessioni sulla sua identità, non solo di genere. E con lei saremo noi a riflettere sull’infazia, sui mutamenti e sull’identità. Magari per un po’ capiremo che un bambino è un essere complesso che un adulto semplicemente non capirà mai.

Tomboy, girato all’aperto, in un’estate assolata, tra la natura, l’acqua e i giochi è un film luminoso. L’attrice è straordinara e la scelta di affiancarle i suoi veri amici crea un affiatamento che coinvolge qualsiasi spettatore.
La regista è bravissima a tenere un tono leggero, delicato, a non cadere negli stereotipi del genere e ad alternare momenti divertenti (i giochi tra bambini, la complicità tra le due sorelle, la plastilina nelle mutande necessaria per sembrare un maschio anche quando si fa il bagno nel fiume) e altri ricchi di suspance (c’è un infiltrato nel gruppo, uno che si spaccia per quello che non è: verrà scoperto?). In questo modo la Sciamma arricchisce con ritmo e fluidità narrativa da film americano quello che è un film tipicamente francese. E non era così facile coniugare la semplicità della storia raccontata con la complessità delle tematiche trattate.
Presentato al Festival di Berlno, il film ha vinto il Teddy Award e GLBT Film Festival di Torino, ha ottenuto il premio del pubblico come miglior lungometraggio e il premio Ottavio Mai, assegnato dalla giuria “per la maestria, la sensibilità e la leggerezza, ma anche per la profondità con cui viene trattato il tema dell’identità sessuale nel tempo dell’infanzia”.
Il cinema francese si conferma attento e sensibile nella rappresentazione dell’infanzia. Da I 400 colpi e Gli anni in tasca di Truffaut, fino ai più recenti Essere e avere, La classe, Stella, Il piccolo Nicolas e i suoi genitori sono davvero molti i film che hanno come protagonisti bambini o preadolescenti. Mentre così a memoria non ricordo film italiani che trattano l’argomento. Celine Sciamma ha solo 28 anni, se mantiene le promesse la Francia ha trovato una nuova autrice degna delle sue migliori tradizioni.

Moneyshot
La partita a calcio nel parco è naturalmente nudi (a torso nudo) contro vestiti (in maglietta). Mickaël è nella squadra dei nudi e dopo avere iniziato a giuocare vestita, finalmete dopo un paio di contrasti vinti si toglie la maglietta come i suoi compagni di squadra. Ma la tensione sale davvero quando a fine partita, dopo essersi dissetati, tutti quanti devono fare la pipì e in quelle circostanze non si può imbrogliare. Mickaël indugia e la telecamera, come nel resto del film, non infierisce su di lei, si allontana, le lascia il tempo, poi la segue in una corsa verso il bosco più lontano.
Quale pubblico?
Realizzato con un budget risicato, il film è stato un grande successo in Francia dove ha raccolto un pubblico più numeroso delle attese. In Italia è stato distribuito in sole 26 sale (in tutte le province dove esistono solo multisala Tomboy non c’è) ed ha incassato 111 mila euro che è comunque una buona media per copia. È un bel film, chi lo vede ne è entusiasta e questo potrebbe portare un positivo effetto passaparola.
GLI ALTRI FILM DA NON PERDERE ORA AL CINEMA
PROSSIMAMENTE AL CINEMA
IN SALA DAL 14 ottobre
Cowboys & Aliens di Jon Favreau. Con Olivia Wilde, Harrison Ford, Daniel Craig. Si possono mettere assieme alieni e cowboy? grande spettacolo prodotto da Spielperg per l’America post 11 settembre e in piena era Obama.
Arrietty di Hiromasa Yonebayashi. E’ l’ultimo cartone animato prodotto dallo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki e Isao Takahata. Una favola delicata ed ecologista con il riconoscibile stile Ghibli.
This must be the place di Paolo Sorrentino con Sean Penn, Julie Hatings, Harry Dean Stanton. Occasione americana per il nostro Sorrentino. Sean Penn è una vecchia rock star con un look alla Robert Smith che va alla ricerca del passato del padre.
ATTESI NELLE PROSSIME SETTIMANE
Una separazione di Asghar Farhadi. Con Sareh Bayat, Sarina Farhadi. Un film iraniano su una donna che deve lasciare il marito amato, la sua terra d’origine e il padre malato. Realismo e ironia per questo film premiato con l’orso d’oro a Berlino.
Melancholia di Lars von Trier. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling, Alexander Skarsgård. Si attende addirittura la fine del mondo. A parte la personalità del discusso regista danese, ci si attende un grande film, apocalittico, pessimista, ma senza i colpi bassi dell’ultimo Antichrist.
Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno di Steven Spielberg. Con Simon Pegg, Daniel Craig. Spielperg ripropone al grande pubblico le avventure del fumetto belga di Hergé che ebbe successo qui da noi negli anni Novanta. Girato senza badare a spese in Motion Capture, chissà se avrà mantenuto il romanticismo dell’originale?
Pina 3D di Wim Wenders. Con Pina Bausch. Wim Wenders che gira un documentario in 3D sulla leggendaria coreografa Pina Bausch. Chi l’ha visto dice che sia straordinario e che gli autori come Wim Wenders o Herzog siano i più capaci a sfruttare le potenzialità del 3D.
Le Havre di Aki Kaurismäki. Con Jean-Pierre Léaud, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, André Wilms, Elina Salo. Kaurismaki rimane vicino ai soui umili, e qui li immerge in una favola toccante ma ottimista. Un film attualismo, ma fuori dal tempo. C’è anche il mitico Jean-Pierre Léaud (sì, l’attore feticcio di Truffaut)

Faust di Sokurov, il Leone d’oro di Venezia è uscito, in pochissime sale, ma è uscito. E’ un film straordinario, difficile, faticoso, ma straordinario.